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sabato 20 novembre 2021

Valore simbolico e cristico del Pellicano

 Valore simbolico e cristico del Pellicano


Il pellicano è un uccello difficile da vedere, ed è per questo che diventa pura immagine dello Spirito, che richiama al pensiero la Purezza, Cristo, il “nostro Pellicano” come lo chiama Dante quando si riferisce all’apostolo Giovanni: «Questi è colui che giacque sopra’l petto del nostro Pellicano, e Questi fue di su la croce al grande officio eletto». (Divina Commedia, Paradiso canto XXV, 112-114).
Non a caso è stata citata la Divina commedia, visto che Dante è stato un Templare e Rosa+Croce.
La Purezza Celeste è quindi il carattere particolare di questo uccello che, simile ad un angelo dalle ali spiegate, simboleggia la Redenzione, la Resurrezione e l’Amore di Cristo per le anime.


Pie pellicáne, Jesu Dómine, me immúndum munda tuo sánguine,
Cujus una stilla salvum fácere, totum mundum quit ab ómni scélere”.
"Oh, pio pellicano, Signore Gesù, purifica me, immondo, con il Tuo sangue;del quale una sola goccia può salvare il mondo intero da ogni peccato."



padre Roberto Pinna
Parroco Chiesa Sant'Efisio di Cagliari




lunedì 1 novembre 2021

Storia e martirio della Chiesa Ortodossa Croata

 

Storia e martirio della Chiesa Ortodossa Croata

 

Sebbene sia il primo Concilio Ecumenico di Nicea (325) che quello di Calcedonia (451) dispongano che i vescovi di ogni Provincia  formino un  Sinodo e, all’interno di esso, scelgano un Metropolita (canone apostolico n. 34: “ I vescovi di ogni nazione scelgano fra loro un primate”) tale norma, “di fatto” spesso non è stata rispettata a causa sia  delle pretese di giurisdizione universale del Vescovo cattolico  di Roma che della deriva “papista” di quello di Costantinopoli, il quale  non avendo praticamente più fedeli in Turchia pretende di avere una giurisdizione universale su tutto l’ecumene ortodosso. La Chiesa Ortodossa in Croazia esiste fin da prima dello scisma del 1054 e già ai tempi di Fozio (863-924) buona parte della Croazia era subordinata alla Metropolia di Spalato, subordinata al Patriarcato (autocefalo) di Aquileia. E’ indubbio che la Croazia sia storicamente legata a Roma e che le prime eparchie (diocesi) ortodosse  sorsero nel 1219 a Ston e Prevlaka/Kotor per opera dei serbi ma è altrettanto certo che, con l’avanzata dei turchi nel XV secolo in Bosnia e nella Croazia centrale emigrarono numerosi ortodossi di etnia valacca e lingua arumena, molti dei quali conosciuti poi come morlacchi (o valacchi neri, intendendo i turchi per nero il nord, ad es. Mar Nero o Mare del Nord). I Valacchi erano pastori ortodossi, ma tra loro c’erano anche unità militari irregolari dipendenti dai turchi note come Martholosen.  Nel 1502 si costituì una sede metropolitana ortodossa nel monastero di Krusedol a Srijem per seguire i fedeli ortodossi valacchi e serbi. Nel 1557 con la restaurazione del Patriarcato serbo-ortodosso di Pec (ora in Kosovo) questi estese la sua giurisdizione sui serbi, i greco-vlach e sui numerosi croati che nei secoli XVI e XVII si convertirono all’Ortodossia, soprattutto nella Croazia Turca (Bosanka Krajina e Dalmazia settentrionale). A causa delle discriminazioni subite nella Croazia cattolica e anche nella Dalmazia veneziana, dove l’ortodossia era perseguitata e si perseguiva una politica di conversione forzata al cattolicesimo, nel 1593 il vescovo dei valacchi Vasilije si trasferì nella Croazia turca (Slavonia) a Orahovica, dove l’islam ottomano mostrava più tolleranza dei cattolici verso l’ortodossia. Dopo che nel 1766, su pressione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, l’Impero Ottomano soppresse il Patriarcato serbo di Pec e quello bulgaro-macedone di Ocrida, sostituendo tutti i vescovi con episcopi greci, i serbo-valacchi dipendenti dall’Impero Austro-Ungarico si organizzarono, nel 1766  in Metropolia autonoma e successivamente, nel 1848, in Patriarcato a Karlovci (in Vojvodina), questo patriarcato sopravvisse fino al 1918 e curava i fedeli serbi, valacchi e morlacchi, croati e rumeni.

Quando 1918, alla fine della prima guerra mondiale, fu fondato il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, nel territorio del nuovo stato a livello metropolitano diverse giurisdizioni ortodosse, il Patriarcato di Karlovci (serbo-valacco-rumeno), il Patriarcato di Pec e Belgrado (serbo),  la Chiesa Autocefala (dal 1905) del Montenegro-Littorale (Arcidiocesi di Zeta), l’Arcidiocesi bulgaro-macedone di Ocrida, la sede metropolitana di Bukovinsko-Dalmazia e la Chiesa Ortodossa Serba Nazionale Autonoma in Bosnia ed Erzegovina ambedue sotto la giurisdizione del Patriarca di Costantinopoli. Tutte queste Chiese furono unite a Belgrado il 26 maggio 1919 in un’unica Chiesa Ortodossa Serba per il regno appena formato. Da allora iniziò la serbizzazione della popolazione ortodossa jugoslava, e  tutti gli ortodossi nel territorio della Jugoslavia, compresa la popolazione non serba (valacchi, rumeni, macedoni, montenegrini, croati, bulgari, ucraini, albanesi, greci, ruteni, ecc.) erano subordinati al Patriarca di Belgrado e considerati ortodossi serbi. Va precisato che le attuali lingue: croato, serbo, bosniacco e montenegrino non sono altro che dialetti di un’unica lingua serbo-croata. Nel 1941, a seguito del crollo del Regno di Jugoslavia sotto la pressione militare dell’Asse, fu fondato lo Stato Indipendente di Croazia, comprendente buona parte della Croazia e della Bosnia Erzegovina (meno l’Istria e la Dalmazia occupata dal Regno d’Italia). In tale territorio vivevano (censimento 1931) oltre sei milioni di abitanti; di questi 750.000 erano croati di fede islamica (nel dopoguerra Tito li fece considerare come etnia a sé stante col nome di Bosgnacchi, fino allora si sentivano croati, tanto che molti di loro militavano nelle milizia ustascia e diedero numerosi volontari alla Waffen SS) e  il 31% della popolazione era ortodossa, nella stragrande maggioranza serba. Il Governo filo-nazista croato, riconobbe soltanto tre religioni: la Chiesa Cattolica, l’Islam e il  Protestantesimo (luterano e calvinista) della confessione  Elvetica di Augusta (alla quale aderiva una parte dell’allora numerosa minoranza tedesca). Lo Stato Indipendente di Croazia osteggiava però  la Chiesa Ortodossa Serba, vista come la longa manus dello Stato serbo in territorio croato, come anche la religione ebraica per motivi razziali, avendo sposato le dottrine razziste del nazionalsocialismo tedesco. La posizione del governo croato rispetto all’Ortodossia fu chiaramente espressa dal Capo del Governo ustascia, dott. Ante Pavelic: “La Chiesa ortodossa serba è parte integrante dello Stato serbo. La gerarchia della Chiesa ortodossa serba è guidata dallo Stato serbo … In Croazia potrebbero esistere Chiese mondiali che non dipendono da uno Stato, e ci sono tali Chiese. Ma se una Chiesa non è una Chiesa mondiale, allora può essere solo una Chiesa nazionale croata, può essere solo una Chiesa che ha piena libertà nel campo spirituale e nella libertà di coscienza, ma in tutte le altre questioni deve essere sotto il controllo dello Stato croato.” Gli ustascia perseguitarono i serbi in quanto tali, e si resero responsabili di atrocità sia verso gli stessi che verso gli ebrei, analogamente va detto che i cetnici serbi facevano lo stesso verso i croati e i musulmani (allora come anche nella seconda metà del XX secolo). Va ricordato che prima della serbizzazione dell’Ortodossia nell’ex Jugoslavia non furono pochi eminenti patrioti croati di fede ortodossa, tra i quali ricordiamo ad esempio il più grande poeta del Risveglio Nazionale Croato; Josip Runjanin (1821-78), il compositore dell’inno nazionale croato; Makso Prica (1823-73),  il dottor Gavro Manojlovic (1856-1926), storico e presidente dell’Accademia jugoslava delle scienze e delle arti e financo esponenti del Partito Croato dei Diritti come lo scrittore e politico ustascia Nikola Kokotovic (1859-1917), i generali Fedor Dragojlov e Djuro Grujic, capi di stato maggiore dell’esercito croato durante la seconda guerra mondiale ecc. Va ricordato che il dottor Ante Starcevic, fondatore del moderno nazionalismo croato e del Partito dei diritti, aveva la mamma di fede  ortodossa. La posizione anti serba del governo croato era tale che alcuni sostenevano che i serbi andavano: per un terzo ammazzati, per un terzo espulsi e per un terzo assimilati favorendo la conversione forzata al cattolicesimo. Già  alla fine dell’800 in Croazia si iniziava a parlare della necessità di costituire una Chiesa Nazionale Ortodossa Croata. Nel 1942, anche al fine di dare una copertura religiosa anche agli ortodossi serbi, il dott. Vinko Kriskovic sostenne un cambiamento liberale nello status giuridico dei serbi in Croazia sulla base dei diritti umani, della libertà di confessione, dell’etica e morale,  sottolineando che la Chiesa ortodossa croata sarebbe stata istituita come primo passo verso questa pacificazione.  Il 31 marzo 1942, il Governo dello Stato Indipendente di Croazia istituì la Chiesa ortodossa Croata. Questa era una  Chiesa autocefala ed episcopale, che avrebbe dovuto avere quali organi ecclesiastico-gerarchici: il Patriarca della Chiesa Ortodossa Croata e il Metropolita di Zagabria, il Santo Sinodo, l’Alta Corte Ecclesiastica, l’Episcopato, i tribunali parrocchiali, i sacerdoti e i consigli amministrativi ecclesiastici ed era divisa  amministrativamente in eparchie (diocesi), decanati e parrocchie. Metropolita di Zagabria fu incoronato il vescovo russo Germogen, l’ex metropolita di Novomoskovsk (regione cosacca del Kuban) emigrato in Jugoslavia dopo il crollo delle Armate Bianche per opera dell’Armata Rossa, che fu solennemente intronizzato a Zagabria,  il 7 giugno 1942, nella chiesa ortodossa della Santa Trasfigurazione. Dalle memorie del suo segretario apprendiamo che  a seguito della fondazione della Chiesa Ortodossa Croata  furono rilasciati circa 3000 detenuti ortodossi dai campi di detenzione di Sisak, Slavonski Brod, ecc. e che alcuni sacerdoti che non erano emigrati in Serbia  tornarono dal campo di detenzione di Caprag al loro gregge. Molte chiese ortodosse che erano state chiuse furono immediatamente riaperte e lo stesso  metropolita Germogen fu personalmente presente alla riapertura delle chiese di Mitrovica, Ruma, Irig e Srijemski Karlovci ecc. Furono pubblicati libri liturgici in lingua croata e lettere latine (al posto dell’alfabeto cirillico) e adottato il calendario gregoriano al posto di quello giuliano usato dai serbi. Con la costituzione della Chiesa Ortodossa Croata diminuirono fortemente le conversioni forzate al cattolicesimo e tanti che si erano convertiti per paura ritornarono all’ortodossia. Alla Chiesa Ortodossa Croata aderirono diversi sacerdoti ortodossi croati, russi, rumeni, serbi ed anche qualche sacerdote greco-cattolico uniate. Il 4 agosto del 1944 la Chiesa Ortodossa Croata fu riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa Ortodossa Rumena – Patriarcato di Bucarest. Nel 1945, a seguito della sconfitta delle forze dell’Asse e il crollo dello Stato Indipendente della Croazia, il governo comunista di Tito sciolse la Chiesa Ortodossa Croata e restituì la giurisdizione su tutti gli ortodossi della Jugoslavia alla Chiesa Ortodossa Serba. Il Metropolita Germogen e tutti i sacerdoti e dirigenti ortodossi croati catturati dai partigiani furono assassinati in quanto reputati anticomunisti. Sua Grazia mons. Germogen (nome secolare Georgy Ivanovich Maximov), insieme al vescovo Spiridon, a diversi sacerdoti e fedeli fu fucilato (aveva 84 anni)  dai comunisti il 30 giugno 1945. Durante la guerra ben 28 sacerdoti ortodossi croati furono assassinati dai partigiani titini e oltre 70 dopo la cosiddetta liberazione da parte del Governo comunista jugoslavo. E’ soltanto dal 1990 che nella Croazia, ormai indipendente, dove all’ultimo censimento del 2011 su 4.284.889 abitanti, di cui 3.874.321 croati, ovvero il 90,42 per cento, ben 16.647 cittadini di etnia croata si sono dichiarati cristiani ortodossi (per curiosità si sono dichiarati tali anche tre cittadini di etnia ebraica) che si è iniziato a parlare di ricostruzione della Chiesa Ortodossa Croata, richiesta che ha avuto l’avallo politico del Partito Croato dei Diritti ma è stata osteggiata dal Governo croato a dalla Chiesa Ortodossa Serba (i serbi sono 186.633 il 4,4% della popolazione della Croazia). Oltre gli ortodossi croati vi sono anche altre minoranze non serbe di religione prevalentemente ortodossa che vivono in Croazia, tipo (sempre censimento 2011): 4.517 montenegrini, 4.138 macedoni, 1936 ruteni, 1878 ucraini,  1279 russi, ed altri 3.000 tra bulgari, rumeni, valacchi, bielorussi, greci, moldavi, armeni ecc. Tutte queste popolazioni aspirano alla costituzione di una Chiesa Nazionale Ortodossa Croata, staccata da quella serba, affinché anche la Croazia, come l’Italia, la Francia, la Spagna, ecc. abbia la possibilità di avere, ai sensi del canone apostolico n.  34 (mai abrogato da alcun Concilio Ecumenico) una propria Chiesa Ortodossa Autocefala. 

   Sua Ecc. Rev. Filippo Ortenzi

Chiesa Ortodossa Italiana

Via Appia Nuova n. 612  – 00179 ROMA

telefono: +39 0621119875 – email: chiesaortodossaitaliana@gmail.com 

giovedì 6 maggio 2021

E' nata Radio Ortodossa

 E' nata 




Su iniziativa del dott. Prof. Massimo Giusio, scrittore, teologo, saggista, sociologo delle religioni, direttore didattico dell’UNISAG (Università San Giovanni Crisostomo) e corepiscopo della Chiesa Ortodossa Italiana è nata Radioortodossa, che trasmette via web su www.radioortodossa.it e la cui App si può scaricare anche sul cellulare https://share.xdevel.com/player/2576

Radioortodossa è la prima e più importante radio per i cristiani ortodossi di tutta Italia, che credono nell'unità dei cristiani e nella spiritualità d'Oriente. 24 ore al giorno di ascolto e di incontro con chi crede, chi possiede già la fede o chi vuole avvicinarsi alla storia preziosa del Cristianesimo d'Oriente ed alle sue forme religiose, artistiche e culturali. Aiuto, ecumenismo, e dialogo rispettoso col mondo cattolico, assistenza e sostegno a persone e famiglie e speranza nel futuro sono le nostre parole d'ordine. Convegni, dibattiti, interviste, musica, rubriche e dirette con gli ascoltatori, con riti, rosario e liturgie in italiano e in rumeno.

Radioortodossa è presente anche su facebook (www.facebook/Radioortodossa-105578568311104) per maggiori informazioni si può scrivere alla radio tramite il form presente sul sito o mandando un messaggio WhatsApp al numero 3884033355.


mercoledì 7 aprile 2021

Diavolo Demonologia e Satanismi

 Diavolo Demonologia e Satanismi

tra Storia, Teologia e Sociologia



Sabato 3 aprile (vigilia della Pasqua cattolica) si è svolta una interessante lezione su: DIAVOLO, DEMONOLOGIE E SATANISMI TRA STORIA, TEOLOGIA tenuta dal teologo ortodosso Massimo Giusio, responsabile del Dipartimento Storico-Religioso dell’Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo. Abbiamo avuto la fortuna di ascoltare l’intervento del professor Massimo Introvigne, sociologo delle religioni tra i più importanti al mondo, che ci ha parlato del satanismo e dei satanisti, temi su cui è considerato, anche per i libri di cui è autore, un vero esperto internazionale. Tra gli intervenuti anche  mons. Filippo Ortenzi sulla figura di Papa Giovanni XXII, ritenuto uno dei fondatori della demonologia cattolica, iniziatore della caccia alle streghe e che Dante aveva citato nella Divina Commedia quale simoniaco e corrotto.

Commissione Europea – L’Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo (UNISAG) è registrata al numero  686411142111-53 quale: Istituto di Ricerca e Formazione 

Vi ricordiamo che la lezione di sabato prossimo delle ore 17,30 (chi volesse partecipare scriva a: unisangiov.crisostomo@gmail.com) avrà per tema l’ESICASMO o “preghiera del cuore” e sarà tenuta dai prof. Massimo Giusio e Tudor Petcu

ore 17,30 – prof. Massimo Giusio
1. Chi è il vero padre dell’Esicasmo? Le influenze del mondo orientale
2. Le “Cinque fasi” dell’Esicasmo: inquadramento storico e teologico
3. La storia straordinaria della “Repubblica Teocratica”: spiritualità del Monte Athos
ore 18,15 – prof. Tudor Petcu
1. Tecniche, metodi e pratiche esicastiche nell’area greca, russa e rumena
2. La storia straordinaria di Sfantul Ambrozìe de la Optìna (1812 – 1891) – La spiritualità dell’ “Athos parallelo” di Optina


martedì 30 marzo 2021

1054 quando Roma abbandonò la Retta Fede (Ortodossa)

                                 1054 quando Roma abbandonò la

                         Retta Fede (Ortodossa)

 LEZIONE UNISAG - di sabato 27 marzo 2021





prof. Massimo Giusio:
Lo scisma del 1054: cause ufficiali e cause vere
Fozio, l'interpolazione del Simbolo Costantinopolitano, il "Filioque" da Toledo in poi, Lo Spirito Santo e la Teologia trinitaria nei suoi sviluppi

prof. Tudor Petcu: Lo sviluppo e l'evoluzione storica della spiritualità ortodossa in Russia, in Grecia ed in Romania: analisi di alcuni autori (Florenskij, Sarov, Nicodemo, Staniloae)

La "teologia dell'amicizia" nelle opere di Florenskij: il primato dell'Amore amicale su ogni rifiuto


(per partecipare alle lezioni, che si tengono il sabato dalle ore 17,30 alle 20
scrivere a: unisangiov.crisostomo@gmail.com)

domenica 7 marzo 2021

Collaborazione tra Chiesa Ortodossa Italiana e Italia Bio

 Collaborazione tra Chiesa Ortodossa Italiana e Italia Bio


                                             Il Primo Bio Slow sarà in Puglia

La Chiesa Ortodossa Italiana ha sottoscritto a Roma, il 5 marzo 202, un Protocollo d’Intesa con l’associazione Italia Bio, che si è già concretizzata in Puglia nel varo di un Distretto alimentare Bio Slow. Questa importante collaborazione è stata resa possibile grazie all'interessamento del presidente nazionale della Fraternità Ortodossa ing. Ambrogio Giordano, che ha già concretizzato una proficua collaborazione tra le due realtà in Puglia, dove si sta costituendo un importante Distretto Alimentare Bio Food. L’associazione Italia Bio è nata dall’iniziativa di alcuni produttori biologici al fine di promuovere prodotti e cibi sani, sviluppare un nuovo modello di economia sostenibile, sobria e conviviale, che garantisca la conservazione dell’ambiente e delle risorse naturali, la qualità della vita, la felicità delle persone e il rispetto del creato. In questa alleanza tra agricoltori e consumatori è importante anche l'apporto della visione cristiana che, come ha ricordato il nostro arcivescovo mons. Filippo Ortenzi citando la Genesi (Gn 2,15): “Dio pose l'uomo nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse” e il custodire, coltivare e valorizzare e non l’utilizzo predatorio e distruttivo, è quanto Dio ha indicato quale compito principale dell’umanità.

Riportiamo il testo del Protocollo d'Intesa tra la Chiesa Ortodossa Italiana e l'associazione Bio Slow, sottoscritta da mons, Filippo Ortenzi e dal Presidente Nazionale di Italia Bio dott. Ignazio Garau.


DIFESA DEL CREATO E SVILUPPO SOSTENIBILE, AGRICOLTURA BIOLOGICA E SICUREZZA ALIMENTARE, SCAMBIO DI CONOSCENZE E COLLABORAZIONE PER PROMUOVERE E

DIFFONDERE L’ETICA DELLA VITA IN ARMONIA CON LA

REALTA’ MATERIALE E SPIRITUALE CHE CI CIRCONDA

Premesso che:

  • L'emergenza climatica, l'emergenza sanitaria e l'emergenza economica che gravano su tutta la Comunità Umana sono strettamente connesse tra di loro e sono conseguenti alla nostra disattenzione nei confronti del pianeta che ci ospita, all'eccessivo sfruttamento delle risorse a disposizione;

  • Economia” ed “ecologia” non sono discipline tra loro antitetiche, come si è continuato a pensare fino al recente passato, considerato anche che i due termini condividono un identico elemento etimologico, l’οἶκος, che sta a indicare lo stesso interesse per la gestione della “casa”, ovvero per l’amministrazione del nostro spazio vitale;

  • È necessario cambiare rapidamente paradigma, modificare i modelli di riferimento economici, ambientali e sociali che ci hanno guidato nei secoli passati, occorre adottare nuovi e più sostenibili stili di vita: non siamo solo in un'epoca di cambiamenti, siamo al cambiamento di un'epoca. Nulla potrà essere semplicemente come prima, perché il prima ci ha portato ai problemi di oggi;

  • Per produrre cambiamenti in tempi brevi è necessario l'impegno delle istituzioni, ma anche il coinvolgimento dell'intera comunità.

Se promuoviamo una nuova visione del nostro rapporto con il creato, se tutti indichiamo la praticabilità e la convenienza di un modello di economia, e di società, più solare e solidale, più conviviale, assieme possiamo farcela;

  • Il cibo e l'agricoltura, biologica e contadina, sono i riferimenti da cui partire per un percorso di sviluppo sostenibile, poiché il cibo è coinvolgente e, nelle sue molteplici implicazioni, lega in modo stretto le persone, l'organizzazione delle comunità, la salute e la qualità della vita con le risorse naturali, la terra, la biodiversità, la loro gestione e salvaguardia;

  • L'agricoltura biologica è un insieme di principi e di valori che costituiscono una visione originale del modo in cui l'uomo deve interagire con il suo ambiente vitale, indicando modalità di produzione, preparazione e distribuzione del cibo e di altri beni che aiutino a non dissipare le risorse disponibili sul nostro pianeta terra, rispettando la vita delle piante e degli altri animali. L'agricoltura biologica afferisce al modo in cui le persone interagiscono con paesaggi vivi, si rapportano l'uno con l'altro, contribuiscono a formare e custodire l'eredità delle generazioni future;

  • la Chiesa Ortodossa Italiana e l'Associazione Italia Bio, pur nella diversità di caratteristiche, ruoli e funzioni, condividono la necessità di collaborare per promuovere iniziative e azioni orientate allo sviluppo sostenibile e alla difesa del nostro ecosistema.

Considerato che:

  • la Chiesa Ortodossa Italiana ritiene suo compito fondamentale agire per la salvaguardia del creato e vuole coinvolgere attivamente la Comunità dei fedeli avvalendosi della collaborazione e del supporto dell'Associazione Italia Bio.

Tutto ciò premesso e considerato

La Chiesa Ortodossa Italiana 



e

L’associazione Italia Bio



sottoscrivono il presente Protocollo d’Intesa concordando sulle finalità sopra esposte e congiuntamente, in relazione alle proprie competenze e ruoli, si impegnano a:

  • creare rapporti di scambio di conoscenze ed esperienze sui temi legati all’uso delle risorse, ai mutamenti climatici, alle energie rinnovabili, alle produzioni biologiche, alla biodiversità e più in generale allo sviluppo sostenibile e su come questi temi possano essere affrontati nel contesto specifico della Comunità Ecclesiale;

  • collaborare per attivare specifici momenti di approfondimento e di studio sulle tematiche dello sviluppo sostenibile, delle “sana alimentazione” e della “Dieta Mediterranea”, anche organizzando appositi corsi formativi in collaborazione con l'Università e gli Enti di Formazione della Chiesa;

  • per rendere concreta la scelta della sostenibilità all'interno di ogni comunità ecclesiale si istituirà un gruppo di lavoro, con i rappresentanti delle parti, con l'obiettivo di ideare un sistema di gestione ambientale differenziato per le diverse aree di interesse (chiese, scuole, strutture di accoglienza, ecc.). Obiettivo consentire a ogni comunità di ridurre significativamente i propri consumi di risorse, di energia (elettrica e termica), la produzione di rifiuti, fornendo il proprio contributo per la tutela dell'ambiente e del clima, risparmiando denaro e promuovendo una coscienza ambientale all'interno e all'esterno della chiesa;

  • lo stesso gruppo di lavoro elaborerà anche una proposta per prevedere in ogni comunità la possibilità di organizzare un gruppo di acquisto collegato direttamente ai produttori agricoli, facilitando la creazione di filiere corte che ristabiliscano corrette condizioni di collaborazione tra produttori e consumatori, con vantaggi per entrambe le parti;

  • tale scelte consentiranno di prevedere anche la possibilità di predisporre la certificazione ambientale di Chiesa eco-sostenibile;

  • un'impostazione che offrirà anche lo spunto per creare occasioni di condivisione comunitaria dell'esperienza ecologica e organizzare momenti di conoscenza delle qualità ambientali presenti nel territorio della comunità e opportunità conviviali per la scoperta delle produzioni biologiche e tipiche;

  • il percorso prevederà specifiche iniziative indirizzate ai bambini e ai giovani perché possano partecipare e condividere il progetto;

  • il gruppo di lavoro predisporrà una “Dichiarazione per la difesa del creato”, da sottoporre all'approvazione del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Italiana;

  • creare una linea di prodotti biologici dei Monasteri o delle comunità religiose afferenti alla Chiesa Ortodossa Italiana;

  • fornire la consulenza interdisciplinare per la costituzione di un Comitato Tecnico Scientifico di supporto al progetto dei distretti Bio Slow sotto l'egida del Santo Sinodo della Chiesa Ortodossa Italiana;

  • la Chiesa Ortodossa Italiana nella persona del suo Primate Sua Beatitudine Filippo Ortenzi, darà la disponibilità ad assumere il ruolo di Cappellano dei singoli ambiti territoriali, nei quali i Distretti Bio Slow, in primis quello delle Puglie implementerà tutte le iniziative a livello nazionale;

  • la Chiesa Ortodossa Italiana a seguito della sottoscrizione del presente protocollo, collaborerà alla costruzione di paradigmi comunicativi, rivenienti dal confronto delle strutture preposte proprie dei vari Distretti Bio Slow, in particolare quello delle Puglie e degli esperti di comunicazione della Chiesa Ortodossa Italiana;

  • il Presidente nazionale di Italia Bio, in accordo con il Primate della Chiesa Ortodossa Italiana concorderà dichiarazioni ed eventi congiunti aventi la finalità di sfruttare la sinergia operativa derivante dal presente accordo, allo scopo di raggiungere gli obiettivi comuni concordati su scala nazionale. La Chiesa Ortodossa Italiana in particolare si impegna a sensibilizzare tutta la sua comunità presente in tutte le Regioni d’Italia;

  • la Chiesa Ortodossa Italiana, nella Regione Puglia, coinvolgerà l’associazione sociale e culturale Rinascita e Rose, con tutte le sue strutture, al fine di facilitare l'immediata attivazione di tutte le iniziative previste nella Regione in forza del fatto che il Presidente di detta associazione è un membro del clero della Chiesa Ortodossa Italiana, dando mandato allo stesso di rendersi immediatamente disponibile a supportare l'iniziativa qui oggetto di accordo, con tutti i mezzi disponibili dell'Associazione.

giovedì 17 dicembre 2020

Prof. Tudor Pectu - Università di Bucarest intervista a Massimo Giusio

                                   Prof. Tudor Pectu - Università di Bucarest 

                               intervista a Massimo Giusio 

dott. prof. mons. Massimo Giusio

Il professor Tudor Petcu, del Dipartimento di Filosofia delle religioni dell'Università di Bucarest, ha avviato una ricerca sulla Chiesa Ortodossa Italiana e ha richiesto, su questo tema, un'intervista molto articolata al dott. prof. mons. Massimo Giusio,  Vice-Rettore e Preside della Facoltà di Teologia della nostra Università Ortodossa San Giovanni Crisostomo. L'intervista verrà pubblicata, tradotta in inglese e rumeno, sul portale dell'Università. Il prof. Giusio ha accettato volentieri, anche al fine di avviare una collaborazione strutturata tra le nostre strutture di formazione e l'Università di Bucarest. .



Le chiederei inanzitutto di dirmi quale è la ragione per la quale Lei si è convertito all'Ortodossia. Come ha incontrato l'Ortodossia e come si spiega la sua scelta di diventare ortodosso?

Come direbbe Lukacs, che trae però l'espressione da Stendhal, fu proprio “un colpo di pistola in un concerto”. Ero cristiano da sempre, e qualche interesse per la spiritualità orientale l'avevo già, tratta dai libri del cardinale Spidlik che amavo moltissimo. Ma la vera folgorazione fu un incontro, come avviene spesso. Tenevo, fresco di studi, un ciclo di conferenze a Torino, presso l'Università Unitrè, sulle “Prove dell'esistenza di Dio nella storia del pensiero”. Dieci lezioni. Da Aristotele, Anselmo, Cartesio e Kant, Schleiermacher, Hegel, fino a Bontadini. Un pomeriggio di novembre. Ero giovanissimo, il corso era seguìto, ero felice e mi impegnavo molto, ma avevo notato un signore, con la barba e sempre vestito di nero, ma non in abito talare, che faceva sempre domande, ed erano tutte intelligentissime. Dopo una lezione, mi chiese di parlarmi. Voleva sapere cosa ne pensassi delle critiche di Geach e Kenny alle prove ontologiche, cosmologiche e teleologiche delle “cinque vie” di Tommaso. Per me era materia incandescente, terreno di dibattito persino tra i neotomisti, che conoscevo bene, ma lui non era da meno. Finimmo in pizzeria, e poi in birreria, e facemmo mezzanotte. Scoprii che era un vescovo ortodosso, si chiamava Adeodato Mancini, Padre Adeodato per tutti. Era stato uno dei seguaci veneti di De Rosso, lui era originario di Venezia, ed aveva ottenuto l'episcopato Assiro-Caldeo, ma già allora l'idea era di una Chiesa Ortodossa nazionale, tutta italiana, del tutto priva di relazioni gerarchizzate con i grandi Patriarcati. L'avevo capito subito, che non era uno studente, o un ricercatore. Aveva una notevole profondità teologica, ma mi colpì, soprattutto, per un altro motivo. A mezzanotte, mi regalò una bella edizione della Filocalia, e mi chiese di fargli sapere cosa ne pensassi. Poi, mi disse che sarebbe andato a fare “gli spaghetti coi barboni”. Cosa significava? Gli chiesi di accompagnarlo. Aveva un vecchio camper sgamgherato, e nel cuore della notte, si recava dai senza fissa dimora, in due o tre luoghi torinesi, e cucinava un piatto di spaghetti. Per tutti. Sorrisi e una felicità mai vista. Negli occhi di quelle persone trovai una strada senza più remore. Un mito. Rimasi per tanti anni come suo collaboratore, divorai una serie di libri di mistici e teologi ortodossi russi, greci, rumeni. E poi “La spiritualità dei cristiani d'oriente”, sempre di Spidlik. La conversione arrivò poche settimane dopo. Convinta, sicura. Forse i libri, gli approfondimenti teologici, ma soprattutto il suo esempio. Da allora, non ho più avuto dubbi: avevo fatto la scelta giusta. Due anni dopo, il diaconato. E poi , nel 2015, il corepiscopato.

Sarei molto interessato a scoprire come percepisce Lei l'Italia nella sua prospettiva ortodossa.

Da questo punto di vista le confesso che sono molto preoccupato. La Chiesa Ortodossa Italiana si è riorganizzata nel 2015. Abbiamo una sessantina di appartenenti al clero, migliaia di fedeli o di persone curiose che si avvicinano a noi, una sede a Roma ed una Università Ortodossa, e questo mi rende contento del lavoro che abbiamo iniziato a fare. Ma il panorama generale non è dei migliori: la scristianizzazione e la relativizzazione, la banalizzazione dei valori e delle tradizioni cristiane sono un fenomeno visibile. I fedeli cattolici - e pensi che il 95 % degli italiani è battezzato - che frequentano la Chiesa ed i sacramenti non superano il 15 per cento. I giovani sono disorientati, c'è molta confusione, una crescente indifferenza per il tesoro di patrimoni culturali, artistici e simbolici della Cristianità. Le ansie e le divisioni interne con questo pontificato si percepiscono anche all'interno delle parrocchie, le crisi delle vocazioni, la tendenziale sfiducia relazionale e disumanizzante tra le persone è stata acutizzata dalla pandemia. Io, che sono un sincero cultore del dialogo ecumenico, talvolta mi sento in difficoltà. Si avverte una debolezza nel magistero, nella capacità di insegnamento. reale, del substrato assoluto e valoriale della nostra eredità millenaria. Ed in questo la proposta di fede e la spiritualità ortodossa hanno molte carte da spendere, e lo testimoniano i tantissimi rumeni in Italia che affollano le chiese da noi. Certe affermazioni di Papa Francesco sono lodevoli nell'intenzione, ma si prestano a molte ambiguità interpretative, perché stridono con la realtà e la sostenibilità. Molti si avvicinano a noi proprio per questa situazione di disagio, di mancanza di guida, di incertezza morale. Ma la cosa, Le assicuro, non mi fa piacere. Tra cattolici e ortodossi il dialogo deve essere continuo, e proficuo. La realtà spirituale e morale italiana, comunque, non è lusinghiera né positiva. Lo si avverte anche dalla sensibilità decrescente verso i simboli cristiani: crocefisso, Natale, liturgia. Si avverte incertezza, incapacità di dare unità di senso alla vita. Crescono i suicidi, anche tra i giovanissimi, acutizzati dalla crisi economica. Se la vita non ha senso, tutto diventa possibile. La Cristianità non può essere solo mutua assistenza, o il gestire ONLUS o patrimoni immobiliari sterminati. Per questo spesso assumiamo posizioni radicali, ma sempre con rispetto dell'identità cattolica. Ho tantissimi amici vescovi e preti cattolici. Le confesso che anche molti di loro, filosoficamente e teologicamente ben preparati, nutrono le medesime preoccupazioni.

Ora le chiedo di presentarmi in dettaglio gli argomenti secondo cui l'Ortodossia in Italia esiste fin dal tempo degli Apostoli. A partire da questa affermazione si può dedurre logicamente che anche San Pietro, il primo capo della Chiesa Universale, è stato di fatto ortodosso?

Mi permetta di farle una premessa. Dire che esista una “Ortodossia” e da quando abbia iniziato ad esistere in Italia, stabilendo uno spartiacque cronologico netto, rischia di essere un problema aporetico che trasmoda nel mero feticismo nominalistico. Dipende da cosa intendiamo con questa locuzione. Se lo intendiamo in senso etimologico e germinale, la “retta fede” (ma in realtà come lei ben sa, l'utilizzo del termine doxa nella storia della filosofia fino al III secolo apre scenari ben più ampi e delicati), intesa come convinzione soggettiva, è evidente che fosse presente in nuce, e necessariamente dopo la Pentecoste, in tutti gli Apostoli, ma sull'interpretazione così anfibologica della frase di Gesù, quella del “Tu es Petrus” e del “su questa Pietra”, si potrebbero scrivere dieci libri, e mi dilungherei troppo. Il termine “Ortodossia”, nell'uso comune ed ecclesiologico di caratterizzazione orientale separata dalla tradizione latina, invece, come Lei certamente sa, nasce solo intorno al X – XI secolo, dopo le polemiche di Fozio del secolo precedente, il Filioque, e le doppie scomuniche costantinopolitane del 1054. Veniamo al merito della sua domanda. L'ortodossia intesa, quindi, come realtà di professione della retta fede cristiana, quindi come concetto dottrinale e teologico, appare evidentemente in tutti gli Apostoli, ed anche in Pietro. Ed appartiene ad essi sul piano reale, sin dalla discesa dello Spirito Santo. Qua si potrebbe porre piuttosto un delicato problema, ma anch'esso richiederebbe fiumi di inchiostro, sulla più aggiornata analisi della vera vocazione universalistica della posizione petrina, alla luce delle considerazioni sui “non circoncisi” negli Atti degli Apostoli, su cui si sono appassionati perfino Bultmann o Kung, ma entriamo nella storia della teologia e nella patristica. Con esiti che spesso sono stati divisivi, e contrari ad un sano spirito ecumenico. E non sarebbe più un'intervista, ma una tediosa elaborazione ermeneutica.

Per quanto conosco, la Chiesa Ortodossa Italiana nasce dall'aspirazione a creare una realtà nazionale, indipendente da giurisdizioni straniere e guidata solo da italiani. Perciò le sarei grato se potesse dirmi quale è l'unicità dell'Ortodossia italiana nel mondo delle chiese ortodosse storiche e quali prospettive di sviluppo ci sono per l'Ortodossia italiana nel prossimo futuro.

Le riepilogo la genesi storica della nostra Chiesa. I seguaci di Antonio De Rosso, nel 2010, erano rimasti in pochissimi. Nel 2014, acquistammo la disponibilità di un bellissimo Monastero in Piemonte, in provincia di Cuneo. Quello fu una sorta di laboratorio teologico e pastorale, il primo germe di una realtà che esisteva dal 1977, ma andava aggiornata e rimodellata. Decidemmo le liturgie utilizzabili: Crisostomo, ma anche il rito gallicano, e San Colombano. Affinammo le nostre linee organizzative, il modo possibile di diffonderci in tutte le regioni italiane e, dopo la morte del compianto padre Adeodato e, purtroppo, del suo delfino padre Antonio Settineri, appena cinquantenne, anche per onorare la loro memoria facemmo il grande passo. Ripartimmo da Roma e dal Piemonte, e dal 2017 fondammo con monsignor Filippo Ortenzi l'Università di San Giovanni Crisostomo, con sede a Roma, e l'Accademia di formazione di San Nicodemo, per la preparazione di diaconi, monaci e sacerdoti. Oggi abbiamo cinque vescovi, docenti preparati e molti studenti che si avvicinano a noi. La strada è ancora lunghissima, ma un bel pezzo di cammino è stato avviato. Veniamo alla seconda questione. Le prospettive di sviluppo in Italia di una Chiesa nazionale, ma ortodossa, sono moltissime. Le dico le principali. Anzitutto, la grande necessità di ricomposizione morale e spirituale nel segno della Tradizione, di cui tantissimi cristiani in Italia avvertono la crescente riduzione, Da noi arrivano molti ferventi cattolici o ex religiosi, pensi che il nostro vescovo di Alessandria e Genova, monsignor Giovanni Ferrando, teologo preparato, è stato parroco cattolico per quarantacinque anni. A chi obietta che ciò può implicare l'ospitare dei “delusi”, ribattiamo che non vi è alcuna competizione, o concorrenzialità, tra proposte di fede. Basta che la gente si avvicini al Pastore: non conta null'altro, di sostanziale. Molti si avvicinano, poi, per i motivi più disparati ed in qualche caso anche per i cosiddetti “casi personali”: divorziati, ex preti che si sono sposati, assonanze simboliche, amore per l'arte e le icone, fascino per la liturgia orientale, ma soprattutto nuovo desiderio di preghiera e di slancio mistico originario. E tanti altri motivi. Il secondo ordine di osservazioni è la specificità dell'Italia: qui ha dominato, per due millenni, la presenza della Chiesa di Roma, senza un contraltare spirituale alternativo, cristiano e tradizionale, come quello orientale, se non nelle frange uniate. E con una tendenziale ostilità, come spiego nel dettaglio nel mio manuale sulla libertà religiosa in Italia del 2018, verso ogni altra forma religiosa organizzata. Ma col limite oggettivo di coinvolgere rispetto ad altre forme religiose, nella proposta di specificità spirituale e liturgica, quasi solo cittadini stranieri. La questione di fondo, di De Rosso e nostra, era e rimane: perché non far conoscere e comprendere sempre più, ora che la “terza secolarizzazione” rende davvero libere e più autentiche le scelte di fede, la proposta cristiana ortodossa agli italiani, con gli adattamenti specifici al carattere nazionale,ma nel grembo straordinario della spiritualità e della ricerca della theosis, dopo secoli in cui ciò, per tanti motivi, è stato possibile così poco? Mi creda. I risultati dei primi anni sono davvero positivi, e val la pena di continuare.

Possiamo dire dal suo punto di vista che l'Italia cristiana del primo millennio ha più punti in comune con i paesi ortodossi, di ieri e di oggi, di quanti ne abbia con l'Italia cattolica contemporanea?

Su questo tema credo che Lei abbia in larga misura molte buone ragioni. Senza scomodare Heidegger o Severino, va rilevato che il tempo della egemonia della Tecnica, dello svuotare - col “pensiero calcolatore” globalista - i serbatoi antichi della cultura e delle identità tradizionali, lascia sensi di vuoto sempre più tremendi, smonta ogni elemento generativo di senso, inquieta sempre di più la sensibilità di tante, tantissime persone. Cristiane e non. Ritrovare rigore, semplicità, desiderio di significati profondi della vita lo ho definito, in uno dei miei libri, un “desiderio originario”. Proprio quello che animò tutta la Cristianità alle sue radici, come giustamente osserva Lei, fino alla netta separazione che, secondo me, avviene molto prima dello Scisma del 1054, a partire dal VII secolo. Da allora, Roma diventa l'unico ordine possibile in una Europa sconvolta, invasa e con guerre continue, e ne guida la riorganizzazione, creando una Autorità forte, che ha molti meriti storici ma crea ineluttabilmente quella che io definisco una “teologia del potere”, gerarchico-autoritaria, ancillare, sostitutiva ed inquisitoriale poi, del potere temporale. La divaricazione, invece, ad Est provoca effetti spiritualmente positivi in linea con le radici dei primi secoli. Nel mondo orientale, la sfera religiosa, forte di autorità centrali autonome e ben radicate (dall'impero bizantino, fino agli Zar) non ha bisogno di diventare potere terreno, e si concentra, mirabilmente, sull'esperienza interiore, la mistica, la liturgia, la forza invincibile, nazionale e popolare, dello spirito e del senso religioso delle origini. Persino Stalin, in una notte ormai celebre, convoca dopo vent'anni di persecuzione i vescovi ortodossi, si umilia e chiede il loro sostegno per affrontare la guerra. E' la vittoria più grande e memorabile dell'Ortodossia, e di Cristo. La proposta della spiritualità ortodossa, nella confusione e nell’angoscia contemporanea di cui già Gide o Foucault avvertivano i prodromi, è sempre più efficace, sia per la riscoperta e la riconfigurazione della vita interiore, sia nei rapporti tra gli individui, nei modelli sociali, nella ricerca presente in ogni essere umano di stabilità, di necessarietà di un ordine superiore che trascenda le stagioni mutevoli, le angosce e le inquietudini del nostro tempo e che attenui semplificazioni, banalità, relativismi esistenziali, superficialità valoriali.

Il Metropolita Antonio de Rosso è riuscito a rimettere in piedi l'Ortodossia italiana, in altre parole, una Chiesa Ortodossa saldamente radicata nel patrimonio e nella cultura cristiana d'Italia. Mi interesserebbe, però, sapere di quali altri rappresentanti importanti dell'Ortodossia italiana possiamo discutere?

Oggi, dopo la breve parentesi di Alessandro Meluzzi, che ha scelto percorsi diversi ed è assai impegnato in tante altre attività, il più instancabile rappresentante della Chiesa Ortodossa Italiana - considerando che io, purtroppo, sono ancora molto impegnato con altre attività di lavoro, insegnamento e ricerca e non posso lavorare per la Chiesa a tempo pieno, come è invece necessario - è sicuramente monsignor Filippo Ortenzi, nostro Metropolita, che ha la sede a Roma, in via Appia Nuova. In pochi anni, ha realizzato un lavoro enorme, utilizzando molto anche i social ed i mezzi digitali, ed i risultati si vedono. Sul piano teologico, oltre a chi le scrive ci sono molti altri importanti rappresentanti: c'è monsignor Giovanni Ferrando, in Piemonte, mentre al Sud c'è padre Gianni De Paola, ed abbiamo molte ramificazioni anche in Sicilia. A Ventimiglia abbiamo un vescovo di origini francesi, monsignor Marty. Potrei citarle ancora, quali altri importanti esponenti della COI, padre Alberto Crudo (Presidente Banco Alimentare "Regina Pacis" di Viterbo n.d.r.), padre Nilo, padre Stefano Capponi e monsignor Antonio Berardo, e molti altri. La Chiesa è presente, coi suoi organigrammi, in ben quindici regioni italiane, su venti. 

Potremmo parlare oggi di un certo ruolo della sua Chiesa nella società italiana? Dall'altra parte, come fanno gli italiani a riferirsi alla sua chiesa quando la scoprono?

Le modalità di raccordo con i fedeli, o i curiosi che si avvicinano a noi, sono moltissime. C’ è il “passaparola” tra le persone, i gruppi, i fedeli. La grande maggioranza, del resto è la legge dei grandi numeri, è quella che ci contatta via Internet, sui gruppi Facebook, sulle pagine di teologia ortodossa, o sulle trasmissioni televisive. Le faccio un esempio numerico: sulla pagina FB, solo dal 5 dicembre ad oggi abbiamo avuto 5.038 contatti, ed una cinquantina di messaggi di adesione, richieste, informazioni. Più o meno, abbiamo una decina di adesioni alla settimana, che vengono indirizzate ai singoli responsabili territoriali. Sulla parte relativa alla funzione della Chiesa, parlare di “ruolo nella società” è un poco imbarazzante. Siamo tutte persone, fortunatamente, umili e abbastanza semplici, viviamo del nostro lavoro, c'è chi insegna, chi lavora in fabbrica, chi fa l'avvocato, o il medico. Siamo umili, e vogliamo restarlo. Il nostro ruolo deve essere altrettanto semplice, anche se fermo nei valori di fondo e nei presupposti pastorali: una proposta cristiana diversa, alternativa, una richiesta di approfondimento della propria vita interiore, della riconsiderazione, della stimolazione, o dell'arricchimento, della fede, per chi ce l'ha. O una proposta, ancora più radicale, di incontro e di dialogo per chi non ce l'ha, ma cerca un senso alla propria esistenza. Che non può essere, per definizione, potremmo dire, “ontologicamente” priva di senso. Tutto lì. Certamente la nostra crescita non ci ha fatti cambiare, o diventare più ambiziosi. Il ruolo in una società dipende dalla potenza del messaggio, e della sua astrazione dalla banalità crescente. Indipendentemente dalla nostra specifica Chiesa, sono i valori ortodossi che hanno un ruolo importante, sempre di più, nel vivere sociale. Il nostro compito è, con modestia, con i pochi mezzi a disposizione ma con impegno sincero, di trasmetterli per quanto possiamo, come una eredità antica ma sempre viva di continuità con il passato ma decisiva per il futuro di ogni persona. Spero di non essere stato prolisso, ma le sue domande, assai stimolanti, meritavano una trattazione adeguata e, spero, completa. La ringrazio tanto per l'attenzione che ci ha dato.


Elementi di Teologia Ortodossa

ultimo libro scritto da Massimo Giusio 

editato da Arturo Bascetta Editore

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