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domenica 16 dicembre 2018

L'albero di Natale è una tradizione introdotta da San Bonifacio apostolo dei Germani

L'albero di Natale è una tradizione introdotta da San Bonifacio 

apostolo dei Germani

san Bonifacio - Apostolo dei Germani

L'usanza di addobbare un albero per festeggiare il Natale è una tradizione antica, risalente al 724 quando un Vescovo d’origine britannica, San BONIFACIO, apostolo dei germani (e attuale patrono della Repubblica Federale Tedesca) addobbò un abete sempre verde con candele accese per ricordare la nascita di Gesù Cristo, vera Luce del mondo. Tale tradizione si diffuse rapidamente tra le popolazioni germaniche, prevalentemente tra quelle che in seguito adottarono la riforma protestante luterana (Germania, Danimarca, paesi scandinavi e baltici).
Tallin, capitale dell’Estonia rivendica di essere stata la prima città al mondo dove è stato eretto un albero di Natale nella piazza principale nel 1441, primato conteso da un’altra città baltica, quella di Riga, capitale della Lettonia, che afferma che il primo albero di Natale è stato in realtà ivi eretto nel 1510, tanto che ha posto una targa scritta in otto lingue per affermare quanto sostenuto. Dal baltico dove convivono le chiese luterane ed ortodosse, la tradizione dell’albero di Natale si è estesa anche in Russia e nei paesi dell’Est. Da tempo però, la stampa e la cultura dominante, stanno scristianizzando la valenza dell’albero di Natale, sempre più slegato al significato religioso e associato a mere mode consumistiche, cercano di darne una origine acristiana e se non addirittura pagana. Vero è che nelle religioni pagane antiche, tendenzialmente animiste, quale quella celtica degli antichi Druidi, l’albero era considerato un elemento sacro, come è anche vero che nella religione norrena (germanico-vikinga) era venerato l’albero Idrasil o Albero dell’Universo che congiungeva il regno dei morti (Helheim) con il regno degli Asi o divinità nordiche (Asgard) e che il culto veniva effettuato nei boschi sacri, sotto le sacre querce, ma lì non si festeggiava addobbando l’albero a festa, ma praticando rituali di sangue, denominati blot, a favore delle divinità, sacrifici effettuati in tutti i paesi germanici e del nord Europa.
Sotto le querce sacre, ove venivano consultate come oracoli le maghe veggenti dette volur, i sacerdoti, chiamati godi effettuavano sacrifici di animali, soprattutto cavalli e maiali, le cui carni venivano bollite in grandi pentoloni (vds. il pentolone usato dal druido Panomarix del villaggio gallico di Armorica, nelle storie di “Asterix”) ed il sangue, che credevano contenesse poteri magici, veniva asperso sulle case e sui guerrieri, pensavano desse loro forza. In detti rituali cruenti, conditi con grosse bevute di birra ed altre bevande inebrianti consacrate dai godi che portavano i partecipanti ad uno stordimento e ubriacamento per entrare così in contatto con gli Dei, o con gli Elfi (una sorta di geni che vivono nell’aria e nelle foreste) spesso venivano effettuati sacrifici umani. L’albero pagano pertanto non ha nulla in comune con quello cristiano del Natale, l’uno è collegato a rituali di sangue e di morte, mentre l’altro a rituali di vita e di luce. Le cronache dell’epoca narrano che San Bonifacio San Bonifacio(venerato sia dai cattolici, che dai protestanti, che dagli ortodossi) affrontò i pagani che si erano riuniti presso la “sacra Quercia del Tuono di Geismar” per effettuare dei sacrifici umano al fine di ottenere la benevolenza del Dio Thor – Dio del Tuono e figlio di Odino, Re degli Dei, e di Jord, dea della Terra, particolarmente venerato dai guerrieri germani, gridando: “questa è la vostra Quercia del Tuono e questa la croce di Cristo che spezzerà il martello del falso dio Thor” e con una scure colpì l’albero sacro. Un vento si levò all’improvviso facendo cadere l’albero, che cadendo si spezzò in quattro parti. Dietro l’albero stava un piccolo abete e San Bonifacio disse che l’abete, albero il cui legno veniva utilizzato per costruire le case, sarebbe diventato il nuovo albero sacro e, quale albero di pace, avrebbe sostituito la quercia simbolo di guerra e di crudeltà. L’abete, da portare nelle case come simbolo di amore e bontà fu associato dal Santo Vescovo Bonifacio a Gesù Bambino e nella notte di Natale veniva addobbato con candele accese.
L’albero di Natale ha pertanto un’origine e un significato completamente diverso ed opposto a quello degli alberi sacri delle religioni pagane, semmai può richiamare quell’albero della vita posto al centro del Giardino dell’Eden o paradiso terrestre, del quale ci parla la Bibbia nel libro della Genesi (2.9). L’albero di Natale, per i cristiani, ricorda pertanto l’albero del Paradiso e rappresenta simbolicamente la Croce di Cristo, Salvatore dell’umanità, come recitato nella prefazione della liturgia dell’Esaltazione della Santa Croce dove vengono pronunciate le seguenti parole: “Nell’albero della Croce tu hai stabilito la salvezza dell’uomo, perché donde sorgeva la morte di là risorgesse la vita , e chi dell’albero traeva vittoria, dall’albero venisse sconfitto, per Cristo, nostro Signore” a significare che Gesù è venuto su questa terra per riconciliare l’uomo con Dio e a tal fine, l’abete, sempreverde e che se anche reciso mantiene a lungo colore e profumo, rappresenta l’albero della vita eterna. Nel medioevo gli alberi di Natale, denominati anche “alberi del Paradiso”, oltre che con le candele, cominciarono ad essere decorati con mele (richiamo biblico all’albero della conoscenza ed al superamento con Gesù del peccato originale), ai quali furono successivamente aggiunte, anche noci, castagne e a porre ai piedi dell’albero, anche dei dolci fatti con latte e miele, quale richiamo biblico alla terra promessa, o altri biscotti e soltanto in epoca successiva anche altri regali. La tradizione dell’albero di Natale in Occidente è più recente di quella del presepe (tradizione iniziata da San Francesco d’Assisi nella città di Greccio nel 1223) e si è sviluppata soltanto nel XIX secolo. In America fu portata dai coloni protestanti già all’inizio della colonizzazione europea, mentre in Austria fu introdotta nel 1816 a Vienna la prima metà dell’ottocento dalla principessa tedesca Enriette Alexandrine Friederike Wilmine von Nassau-Weilburg, moglie dell’Arciduca Carlo, Duca di Teschen, famoso generale austro-ungarico che sconfisse Napoleone nella battaglia di Aspem-Essling e in Francia nel 1840 dalla duchessa di Orléans. Sebbene in Occidente l’albero di Natale, come tante tradizioni reimportate dall’America, è entrato nel costume, spesso più consumistico che religioso, di tutte le popolazioni europee, non molti sanno che la Chiesa Cattolica lo ha visto per molto tempo con sospetto, tanto che è stato definitivamente sdoganato soltanto nel 1982 da Papa Giovanni Paolo II che ha iniziato la tradizione di far mettere un albero di Natale in Piazza San Pietro. Non molti sanno che l’Italia è stata una delle prime nazioni a maggioranza cattolica dove è stata introdotta la tradizione dell’albero natalizio. Infatti il primo albero di Natale è stato addobbato a Roma nella seconda metà dell’ottocento per volere della Regina Margherita, l'amatissima moglie del Re Umberto I, resa famosa perché in suo onore i pizzaioli napoletani inventarono in suo onore la pizza Margherita (tipica pizza napoletana, condita con pomodoro, mozzarella, basilico, sale ed olio che ha certamente contribuito al riconoscimento della pizza napoletana come patrimonio culturale dell'umanità da parte dell'Unesco) ed il grande poeta Gesuè Carducci dedicò la celebre ode Alla Regina d'Italia. 

Filippo Ortenzi
Rettore Accademia Ortodossa San Nicodemo L'Aghiorita



martedì 16 ottobre 2018

Padre Athanasios diplomato in Liturgia Pastorale

Padre Athanasios, diplomato in Liturgia Pastorale
Nel suggestivo Monastero del Rul, sede primaziale della nostra Chiesa, Padre Athanasios il (al secolo Roberto Bertinetti) ha ricevuto, da S.E.R. Filippo Ortenzi, Rettore dell'Accademia Ortodossa San Nicodemo l'Aghiorita il Diploma in Liturgia in Liturgia Pastorale. Erano presenti il prof. Alessandro Meluzzi, e il corepiscopo e teologo Max Giusio, Preside della Facoltà: 
Il neodiplomato ha presentato un'interessantissima Tesi avente ad oggetto: Cristianesimo e Ambiente ed effettuato una Lectio Magistralis sul tema dell'Ecologia del Creato che riportiamo:


In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta, le tenebre ricoprivano l’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acqua.
Così inizia il racconto biblico sulla creazione. Dal nulla Dio ha creato tutto. Dalla terra deserta Dio
ha creato ogni cosa per donarcela.

La Sacra scrittura prosegue ancora così:
“Poi il Signore piantò un giardino in Eden, a oriente, e vi collocò l’uomo che vi aveva plasmato. Il
Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare,
l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male- un fiume
usciva da Eden per irrigare il giardino, poi si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si
chiama Pison: esso scorre attorno alla regione di Avila, dove si trova l’oro e l’oro di quella terra è
fino; si trova pure la resina odorosa e la pietra d’onice. Il secondo fiume s chiama Ghicon: esso
scorre attorno a tutta la regione dell’Etiopia. Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre a oriente di
Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate.
Il racconto biblico narra che Dio pose l’uomo che aveva plasmato in mezzo al giardino perché lo
custodisse. Se noi applichiamo tale racconto al contesto dove viviamo, possiamo affermare che il giardino dell’EDEN è la terra dove viviamo, Dio ci ha posto affinché ci prendessimo cura di esso.
Dobbiamo quindi ricordare che la terra non è nostra appartiene a Dio. È Lui che ce l’ha affidata
affinché la custodissimo.
Enzo Bianchi, ex Igumeno del Monastero di Bose, nella relazione introduttiva del XX convegno di
Spiritualità Ortodossa, afferma con forza che la terra è creatura di Dio, l’uomo è creatura tratta dalla terra. Nella Genesi viene appunto narrato che Dio creò l’uomo con la polvere del suolo.
Anche gli animali sono plasmati dal suolo, dall’adamà, come l’uomo e subito portati all’uomo
perché avesse dato loro un nome.
Il più antico racconto della Creazione ci dice che il Signore Dio pose l’uomo in un giardino perché
lo coltivasse “Avad” e lo custodisse “shamar”
Il Patriarca di Mosca Kirill, afferma che l’uomo essendo stato creato ad immagine e somiglianza di
Dio, è pertanto chiamato a partecipare alla vita del creato, alla sua protezione ed alla sua custodia.
Sempre nel libro della Genesi, possiamo riscontrare come la benedizione che Isacco rivolge a
Giacobbe è estesa ai campi del mondo, questa raffigura quindi il Regno:“quando la creazione
liberata e rinnovata, produrrà l’abbondanza di ogni cibo grazie alla rugiada del cielo e alla fertilità
della terra”.
Questo tempo del Regno, una vita in una creazione liberata e ricca di frutti, offrirà un’ulteriore
occasione all’essere umano di essere educato nelle vie di Dio e di abituarsi a portare Dio, a
condividere la sua incorruttibilità e a ricevere la gloria del Padre.
Dio pertanto ci invita a ravvederci e a riconoscere il nostro comportamento verso la Creazione.
Vorrei quindi sottolineare quanto detto prima con un brano della lettera che l’Apostolo Paolo scrive
ai cristiani di Roma:
…la creazione soffre delle doglie del parto fino ad oggi, nell’attesa che anche lei sarà liberata
dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei Figli di Dio” (Rm 8,
22.21).
Con queste parole, l’Apostolo assicura che all’uomo sarà restituita la dignità, perduta nell’Eden, di
essere padre amorevole e signore di tutta la creazione.
Vorrei ora soffermarmi sul bellissimo cantico del Profeta Daniele che la Liturgia delle ore Bizantina
propone come ottavo cantico nell’ufficiatura del Mattutino nella Grande e Santa Quaresima, terrei a
proporlo per intero, visto la bellezza di questo inno:
Benedici il Signore, anima mia,

Signore, mio Dio, quanto sei grande!

Rivestito di maestà e di splendore, 

avvolto di luce come di un manto.
Tu stendi il cielo come una tenda, 
costruisci sulle acque la tua dimora,
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento; 
fai dei venti i tuoi messaggeri,
delle fiamme guizzanti i tuoi ministri.
Hai fondato la terra sulle sue basi,

mai potrà vacillare. 

L'oceano l'avvolgeva come un manto,
le acque coprivano le montagne. 
Alla tua minaccia sono fuggite,
al fragore del tuo tuono hanno tremato. 
Emergono i monti, scendono le valli
al luogo che hai loro assegnato. 
Hai posto un limite alle acque: non lo passeranno,
non torneranno a coprire la terra.
10 
Fai scaturire le sorgenti nelle valli

e scorrono tra i monti; 
11 
ne bevono tutte le bestie selvatiche
e gli ònagri estinguono la loro sete. 
12 
Al di sopra dimorano gli uccelli del cielo,
cantano tra le fronde.
13 
Dalle tue alte dimore irrighi i monti,

con il frutto delle tue opere sazi la terra. 
14 
Fai crescere il fieno per gli armenti
e l'erba al servizio dell'uomo,
perché tragga alimento dalla terra: 
15 
il vino che allieta il cuore dell'uomo;
l'olio che fa brillare il suo volto
e il pane che sostiene il suo vigore.
16 
Si saziano gli alberi del Signore,

i cedri del Libano da lui piantati. 
17 
Là gli uccelli fanno il loro nido
e la cicogna sui cipressi ha la sua casa. 
18 
Per i camosci sono le alte montagne,
le rocce sono rifugio per gli iràci.
19 
Per segnare le stagioni hai fatto la luna

e il sole che conosce il suo tramonto. 
20 
Stendi le tenebre e viene la notte
e vagano tutte le bestie della foresta; 
21 
ruggiscono i leoncelli in cerca di preda
e chiedono a Dio il loro cibo. 
22 
Sorge il sole, si ritirano
e si accovacciano nelle tane. 
23 
Allora l'uomo esce al suo lavoro,
per la sua fatica fino a sera.
24 
Quanto sono grandi, Signore,

le tue opere!

Tutto hai fatto con saggezza,
la terra è piena delle tue creature. 
25 
Ecco il mare spazioso e vasto:
lì guizzano senza numero
animali piccoli e grandi. 
26 
Lo solcano le navi,
il Leviatàn che hai plasmato
perché in esso si diverta.
27 
Tutti da te aspettano

che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. 
28 
Tu lo provvedi, essi lo raccolgono,
tu apri la mano, si saziano di beni. 
29 
Se nascondi il tuo volto, vengono meno,
togli loro il respiro, muoiono
e ritornano nella loro polvere. 
30 
Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.
31 
La gloria del Signore sia per sempre;

gioisca il Signore delle sue opere. 
32 
Egli guarda la terra e la fa sussultare,
tocca i monti ed essi fumano. 
33 
Voglio cantare al Signore finché ho vita,
cantare al mio Dio finché esisto. 
34 
A lui sia gradito il mio canto;
la mia gioia è nel Signore.
35 
Scompaiano i peccatori dalla terra

e più non esistano gli empi.

Benedici il Signore, anima mia.
…” 1
Questo Salmo, a mio modesto parere, potrebbe essere di meditazione per tutti gli uomini che si
trovano a contatto della natura. ...








martedì 21 agosto 2018

L'immoralità dei moralisti alla Toscani

L'immoralità dei moralisti alla Toscani

da http://m.dagospia.com/l-immoralita-dei-moralisti-alla-toscani-il-tempo-randella-il-fotografo-181170




Alessandro Meluzzi per www.iltempo.it


Come diceva bene Goethe, l’Italia è il paese dell’apparire. In verità, è il luogo in cui nulla è ciò che sembra. Per esempio, i moralisti sono tali o sono falsi moralisti? È il caso straordinario di un grande moralista della sinistra planetaria, Oliviero Toscani, che con aria costernata dalla Francia ci annunciava di essere addolorato di quanto sta capitando ai suoi datori di lavoro, i Benetton, rispetto ai quali dice di non avere grandi informazioni, perché Oltralpe i giornali non arrivano.
Il celebrato Oliviero Toscani, facile all’indignazione e transitato dall’area radicale a quella PD in tempi recenti, forse non portando tanta fortuna ai suoi nuovi compagni di strada, ci ha sempre stupito per la fermezza delle sue posizioni nei confronti di tutto ciò che irritasse la sua profonda e strutturale epicità. Per esempio, gli insulti dedicati a Salvini in materia di immigrazione gli sono costati anche, se ricordo bene, una condanna per diffamazione. E così via. Questo tipo di guru ama godere del monopolio del giudizio.
Ecco, proprio di fronte a questa palese falsificazione della realtà, per la quale vale il principio antico che per gli amici tutto e per i nemici la legge, occorre fare il punto innanzi tutto in termini logici, prima ancora che etici, sulla vicenda di quella che non esiterei a definire davvero -piaccia o meno al moralista Toscani- la strage di Genova. Perché di strage si tratta. Non solo nelle quantità, 40 o più morti, ma anche per le modalità e la forma con cui è accaduta. Una strage come quella del Vajont, in proporzioni molto più grandi ma in verità molto più fatali, oppure quella della Thyssenkrupp che anche in forza di un severissimo Guariniello non è stato risparmiato nulla ai fonditori tedeschi, ritenuti giustappunto colpevoli di strage, anche se ben protetti nei loro patri confini.
Ma proviamo a fare il punto. Cercherò di farlo utilizzando l’insuperabile logica aristotelica. Come ben si sa, esistono 4 cause che costituiscono un evento. In questo caso, la strage di Genova. Cominciamo con la causa materiale: i tralicci di un ponte di cemento armato, vecchio di mezzo secolo, esposto alla salsedine, non hanno ricevuto la manutenzione che sarebbe stata necessaria.
Gli interventi erano posti in capo alla società di gestione che, come ben si sa, vede in prima linea i datori di lavoro delle grandi campagne morali di Oliviero Toscani. È sulle cause materiali che evidentemente non può che appuntarsi l’attenzione della magistratura che non può che indagare su reato di strage con la volontà legata al dolo eventuale. È vero che si discuterà a lungo sul rapporto tra questi fattispecie e la colpa cosciente, ma certamente di 241 si tratta. Si potrà poi discutere sul rapporto tra tecnici e azionisti di maggioranza anche nel nome del ben noto ‘non poteva non sapere’.
Passiamo alla seconda causa, che è quella efficiente, determinata da un traffico di più di 80 mila veicoli al giorno con un carico di tir sempre più pesante, legato anche alle scelte da lungo tempo fatte di non utilizzare in Italia il trasporto su rotaia. Appartiene a questa categoria anche la terza causa, legata appunto alle cosiddette cause formali: in questi anni si è scelto di affidare sistematicamente alla privatizzazione, fortemente voluta da Soros & c., dal Britannia in avanti, anche funzioni di trasporti autostradali che, considerata la loro delicatezza, avrebbero meritato ben più attenzioni e controlli.
 Ma come si sa, gli amici degli amici del PD, a partire da D’Alema e Prodi fino a Del Rio, passando attraverso Letta e Renzi, hanno pensato sempre di affidare ai loro solidi amici elettorali, nonché finanziatori, un enorme business che doveva produrre degli utili ma, in realtà, sono stati dirottati verso altro tipo di investimenti, lontanissimi dall’ammodernamento delle strutture pubbliche.

 Salotti di una borghesia ‘compradora’ di prenditori più che imprenditori, la repubblica delle banane. Ingrassatisi con il denaro di opere costruite con l’erario dei contribuenti di cui personaggi come Toscani sono i principali clientes con le loro indignazioni globalizzate e telecomandate. Non dobbiamo poi dimenticare che i Grillini che, insieme alla Meloni, ed io sono d’accordo, rivendicano la nazionalizzazione delle opere strategiche non dovrebbero avere paura della TAV, come ne ebbero della Gronda owest che avrebbe alleggerito il traffico su quel maledetto e abbandonato, quanto redditizio, viadotto.
 Veniamo alla quarta causa che è la più ambigua e inquietante ed è una causa che i moralisti come Toscani dovrebbero conoscere bene, se studiassero la storia. Da Tangentopoli in avanti, dalla fine degli anni ’80, in Italia non si fa più seriamente un’opera pubblica, anche perché vige una sorta di assioma di partenza, per cui si realizza un’opera pubblico qualcuno ci guadagnerà.
 Legalità o meno, questo innesca un atteggiamento fobico-ossessivo per il quale tra il fare, rischiando di sbagliare, e il non fare, quest’ultimo appare sempre meglio. Per lo meno la legalità sarà salva. È proprio su criteri come questi che Oliviero Toscani ben naviga. Ad esempio, a Di Pietro che di queste cose non ne sa niente è stata affidata la presidenza della Pedemontana.

Insomma, se è vero che la logica è un’etica del pensiero, l’immoralità del moralismo di personaggi come Oliviero Toscani presenti il trionfo della falsa coscienza che abbiamo visto dilagare in questi giorni. Una falsa coscienza rispetto alla quale esistono responsabilità ben diverse, da quelle giudiziarie a quelle governative e politiche per arrivare fino a quelle logico-simboliche. Ed è su questo che puntiamo il dito. Contro tutti i falsi moralisti come Toscani che con le loro permanenti chiacchiere non hanno contribuito a dipanare una matassa complicata di cui abbiamo cercato di parlare.

tratto da 

venerdì 10 agosto 2018

LITURGIA PASTORALE consegnati i primi diplomi

LITURGIA PASTORALE
consegnati i primi diplomi

Domenica 5 agosto, durante la Divina Liturgia celebrata presso il Santuario della Santissima Trinità - Chiesa Cattedrale di Valle Paradiso, il vescovo Filippo Ortenzi quale Rettore dell'Accademia Ortodossa San Nicodemo L'Aghiorita ha consegnato i Diplomi a tre membri del clero che hanno superato il Corso di Liturgia Pastorale dell'Anno Accademico 2017-2018.
Il primo diploma è stato consegnato a Padre Antonio Berardo, che è stato anche cooptato nel Senato Accademico quale docente di sicurezza ambientale e protezione civile

 Il secondo diploma è stato consegnato a Padre Alessandro Frezza, anche egli cooptato come consigliere nel Senato dell'Accademia.

Ed infine il terzo Diploma è stato consegnato alla signora Gabriela Velicaholova, prima donna diplomata dell'Accademia, Ipodiaconessa della nostra Chiesa.
Valle Paradiso - Boville Ernica (FR) 5 agosto 2018
Il Rettore
Sua Ecc. Rev.ma 
 dott. prof. Filippo Ortenzi

domenica 22 luglio 2018

L'Apostola degli Apostoli Maria Maddalena testimone oculare del Cristo Risorto

L'Apostola degli Apostoli
Maria Maddalena testimone oculare del Cristo Risorto

Maria Maddalena (detta anche Maria di Màgdala, perché era nata a Màgdala, piccola città di pescatori sulla sponda occidentale del lago Tiberiade), è stata la discepola prediletta di Nostro Signore Gesù Cristo. Luca (Lc 8,1-2) ci ricorda che Gesù, nel suo peregrinare “per le città e i villaggi, predicando la buona novella del regno di Dio” aveva a fianco, oltre i dodici Apostoli, anche “alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Màgdala, dalla quale erano usciti sette demòni». Era quindi una discepola aggregata agli Apostoli, oserei dire il tredicesimo Apostolo. Secondo Luca (Lc 8,2-3) Maria Maddalena è, insieme a “Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altreuna delle finanziatrici della missione apostolica di Gesù, in quanto che li assistevano con i loro beni. Maria Maddalena, come è riportato nei Vangeli sinottici (Mt 27,55 – Mc 15,40-41 – Luca 23,55-56), accompagnò Gesù anche nella sua ultima missione a Gesusalemme. Al contrario degli Apostoli non rinnegò Gesù né si nascose ma fu presente sia alla crocifissione - «Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala.» (Gv 19,25) – che alla deposizione nella tomba da parte di Giuseppe d'Arimatea. Il suo rapporto con Gesù era talmente forte che alcuni prendendo a pretesto un passo del vangelo gnostico di Filippo nel quale è scritto che Gesù baciava la Maddalena, sostengono che ne fosse la moglie, cosa non vera perché estranea sia ai vangeli, che agli atti degli Apostoli che alla Tradizione dei Santi Padri ed in contrasto con quanto scritto nel Novo Testamento riguardo al bacio rituale che i credenti debbono scanbiare tra loro: “salutatevi gli uni gli altri con un santo bacio” (Paolo – Rm 16,16 e Pietro 1P 5,14). La sua figura aquistò ancora maggior rilievo alla luce del fatto che è stata la prima testimone oculare della risurrezione di Nostro Signore, come ci riferisce l'evangelista Marco (Mc 16,9-11) «Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala ...”. L'essere stata la prima testimone della risurrezione è ampliamente documentato dai Vangeli (Mt 28,1 – Mc 16,1-2, Gv 20,1 – Gv 20,18) che ci informano anche delle altre due donne che, insieme alla Maddalena, sono state le prime testimoni del Cristo Risorto: Maria madre dell'apostolo Giacomo il Minore e Salomè madre degli apostoli Giacomo il Maggiore e Giovanni. Durante il Medio Evo in ambiente cattolico, si diffuse la falsa identificazione tra l'apostola e la prostituta, come tra Maria Maddalena e Maria di Betania sorella di Santa Marta, tanto che in Irlanda le case di correzione per ragazze traviate erano chiamate “Magdalene”. Altro mito cattolico è quello relativo alla presenza della Santa in Francia, dove secondo una leggenda approdò a Saint-Marie-de-la-Mar vicino Marsiglia e che le sue reliquie sono custodite nella Chiesa gotica del comune provenzale di Saint Maximin la Sainte Baume (solo la testa perché il resto fu distrutto dai giacobini), e soltanto ultimamente, nel 1969, col Concilio Vaticano II la figura della Santa è stata rivalutata e rigettata l'identificazione con la prostituta redenta. Nel mondo ortodosso, Maria Maddalena, definita “Apostola degli Apostoli”, è stata da sempre particolarmente venerata. Secondo la tradizione, Ella seguì la Madonna e l'apostolo Giovanni ad Efeso, dove sarebbe morta e seppellita a ridosso della tomba dei sette dormienti; le sue spoglie sarebbero state poi traslate a Costantinopoli Nuova Roma nell'Anno Domini 886, dall'imperatore Leone II, detto il Filosofo. Per lo storico e scrittore Ramon Jusino, autore del libro “Maria Maddalena autrice del Quarto Vangelo?”, Maria Maddalena sarebbe autrice o coautrice del Vangelo di Giovanni, col quale condivise l'opera di apostolato ad Efeso, città greco-romana dell'Anatolia (oggi Turchia). Secondo il Libro del Salvatore, un testo gnostico noto come Pistis Sophia (Codex Askewianus) Gesù, dopo la risurrezione è rimasto ben 11 anni con gli Apostoli, e Maria è quella che in tale periodo interloquisce maggiormente con il Salvatore avendo una posizione ed autorevolezza maggiore di Pietro e degli altri discepoli, tanto che Gesù dice: “Tu beata, Maria. Ti renderò perfetta in tutti i misteri di quelli dell'alto. Parla apertamente tu il cui cuore è rivolto al regno dei cieli più di tutti i tuoi fratelli» (capitolo 17)
Filippo Ortenzi
Rettore dell'Accademia Ortodossa San Nicodemo L'Aghiorita

Campomarino – Concluso Corso di preparazione all’Esicarmo

  Campomarino – Concluso Corso di preparazione all’Esicarmo Si è concluso, presso la  Parrocchia “San Nicola di Myra”  di Campomarino (Kemar...